PRIMA E
SECONDA CHEMIOTERAPIA
PRIMA
CHEMIOTERAPIA
≈
Uno specialista parla del mio male come di “una brutta
bestia”, un altro mi sprona a “tener duro ché magari intanto la ricerca scopre
qualcosa”.
Leggo, per caso, alcuni articoli sul cancro
pancreatico che riportano impietose percentuali di mortalità.L’Inps mi riconosce l’invalidità civile al 100% e l’indennità di accompagnamento.
Sono tutti eventi che nulla aggiungono a ciò che già so – semplicemente me lo ricordano, me lo riconfermano – eppure sono delle botte emotive a cui soccombo cadendo nello sconforto.
Ho la sensazione che l’oncologo non creda nell’efficacia della cura chemioterapica che mi ha peraltro lui stesso prescritto come adatta al mio caso: non so il motivo di questa sensazione che non ha riscontri – si tratta soltanto di una mia impressione come se captassi qualcosa nel suo volto e nel suo atteggiamento, qualcosa che non mi trasmette fiducia – Ed io ho così tanto bisogno di fiducia intorno a me!
Ho bisogno di credere in ciò che sto facendo perché
fisicamente è molto duro da sopportare: febbre, dolori lancinanti alle ossa,
male in bocca, sanguinamenti, nausea e vomito, disturbi intestinali,
svenimenti, stanchezza invalidante, disturbi alla vista, valori sfasati degli
esami che mi costringono a dilazionare le infusioni.
Non sono i medici e le percentuali e le statistiche
Che decidono della mia sorte
Solo tu,
Signore mio Dio, sei il padrone della vita
Ed io devo
fidarmi di te
Anche se la
percentuale di sopravvivenza è minima
Io ho il
diritto-dovereDi sperare ed agire
Per entrare in quella percentuale
Ed anche se
succederà che voglio solo mollare
Anche allora
dovrò continuare a sperare ed agire
Per amore solo per amore
TROVARE AIUTO
Emotivamente mi sto appoggiando troppo su AL. Non va
bene. A volte sono colpita dal suo sguardo impotente, dal suo volto sconsolato,
dal suo sforzo per trovare ancora parole di fiducia.
Chiedo di usufruire della consulenza di psiconcologia
messa a sostegno dei malati dal reparto di oncologia. Sono incontri settimanali,
uno spazio accogliente e protetto dove posso dar voce a qualsiasi emozione e
sentimento ma con una persona qualificata e non coinvolta emotivamente nel mio
caso.Mi fa bene e anche AL decide di approfittare di un aiuto, simile al mio ma specifico per i familiari.
Trovo un’altra risorsa, questa volta tecnologica.
Tra la musica che abbiamo in casa, scelgo i brani che
mi procurano serenità e poi li registro su mp3. Scopro che questo minuscolo attrezzo collegato agli auricolari mi è molto utile e che posso sfruttarlo anche in un altro modo: mi autoregistro mentre leggo le pagine più importanti dei miei libri, riflessioni che ho scritto io stessa, preghiere, salmi. Così, questo strumento, maneggevole e discreto, diventa un amico prezioso: metto le cuffiette e posso ascoltare preghiere e riflessioni e musiche spirituali. Posso usarlo sempre, quando non sto bene, prima di addormentarmi, se ho male agli occhi, nei lunghi tempi di attesa per esami o visite, nelle giornate di day hospital per la chemioterapia.
Per oggi, questo è il mio modo di pregare. E la preghiera mi regala raccoglimento e pacificazione, consolazione e conforto, anche sollievo nella percezione delle sensazioni dolorose.
Ho così tanto amore intorno a me! Così tanti motivi di
gratitudine!
Rivedo il sacerdote che mi è amico da lunghi anni ed è
un’esperienza di profondo affetto ed intensa condivisione spirituale.
Qualche volta vado a messa in parrocchia e le persone
mi abbracciano, mi incoraggiano, mi raccontano quanto hanno pregato per me.
Con AL il rapporto è ancora migliorato. Non siamo mai
stati così tanto tempo insieme, sempre insieme, noi due soli. Stiamo bene – lui
dice che non siamo mai stati così bene insieme. Il supporto psiconcologico,
avuto separatamente, ci ha in qualche modo uniti ancora di più. AL è più
disposto a sentire e vivere le emozioni anche dolorose, è più aperto ad
accettare la realtà ed ascoltarmi mentre ne parlo e parlarne lui stesso senza
razionalizzare. Ho accanto una persona che mi ama e che sa essere un vero
compagno di percorso.
DURANTE UNA
SEDUTA DI CHEMIOTERAPIA
Signore mio
Dio
Oggi il mio
corpo è un campo di battagliaOsservo le fazioni che lottano dentro di me
Appoggio le
mani su torace e addome ed entro in contatto col mio corpo: gli organi interni
con l’intervento sono stati ripuliti dalla massa cancerogena ma numerose tracce
attive del male rimangono sparse sotto
forma di metastasi.
Sto in
contatto con il cancro.Non so da dove venga e non mi sono mai chiesta perché.
Lo sento parte del mio corpo, presenza nella mia carne.
Non so come sia possibile, ma verso questo “ospite-nemico” non provo rabbia né odio – solo la consapevolezza della sua presenza.
Le gocce del
medicinale scendono regolarmente nelle mie vene.
Una ad una
entrano nel mio corpo ed iniziano il loro combattimento contro il nemico.Il medicinale sferra una battaglia estrema contro i brandelli di cancro sparsi per il corpo, tasselli ostinati che hanno come unico scopo quello di sopravvivere e di ricomporre il puzzle maligno.
La chemioterapia combatte una lotta sfrenata dentro le mie viscere.
Sono grata a questo medicinale che considero come un socio o meglio un alleato.
Sí, sono grata al chemioterapico e lo perdono se a volte sbaglia bersaglio e colpisce un organo sano facendomi soffrire … anche tra le truppe migliori purtroppo a volte qualcuno cade per il “fuoco-amico”.
Ma non sono
io a combattere.
Io sono in
pace, serena, oserei dire felice.
Stamattina, prima
di salire al day hospital oncologico, sono passata in cappella per la messa ed
ho ricevuto la comunione.
Signore mio
Dio
Il mio corpo
è il tuo tempioTu hai intrecciate le mie cellule
Col tuo materiale divino
Tu sei presente nelle mie viscere
Tu mi hai fatto come un prodigio
Come sta scritto nel salmo 139.
Signore mio
Dio
Tu sei il
regista di tutta la rappresentazioneE tu sei amore
Tu stai combattendo per me
Io posso stare tranquilla e rilassarmi
“Il Signore combatterà per voi e voi starete tranquilli”.
Come sta scritto in Esodo 14,14
Signore mio
Dio
Ti ringrazio
di questa pace
Coricata sul
lettino della chemioterapia, non ho dolori e provo un tranquillo benessere.
AL mi è
vicino teneramente.Gli auricolari del lettore mp3 mi isolano e la dolcezza del canto gospel mi culla:
“Jesus, remember me when you come into your kingdom”.
AL TERMINE
DELLA PRIMA FASE DI CHEMIO
Al termine della prima fase di chemio, gli esami
evidenziano e confermano numerose metastasi. La situazione è peggiorata.
La terapia, che ho portato a termine sopportando
disagi e dolore fisico, non ha dato alcun esito. Consultiamo oncologi di due diverse strutture: mi propongono di tentare un medicinale, diverso dal precedente, purtroppo più nocivo per quanto riguarda gli effetti collaterali.
Chiedo espressamente:
“Quale può essere la mia aspettativa di vita?”
“È sicura di volerlo veramente sapere?”
“Sì!”
La risposta arriva chiara ed onesta:
“In queste condizioni e senza tentare altre cure, si tratta di qualche mese ma la terapia con il medicinale proposto potrebbe spostare in avanti anche di un anno e mezzo la sopravvivenza.”
È buio, Gesù,
e tu non ci sei.
Il mare è
agitato e soffia un forte vento.Non è possibile tornare indietro: la sponda da cui sono partita mettendomi in viaggio non esiste più.
Dove sto andando? E tu, Gesù, dove sei?
Ho perso il controllo della barca e la lanterna si è spenta.
Intorno a me solo tenebre, mare impetuoso e vento di tempesta.
Ho paura. E tu, Gesù, perché non ci sei?
Scruto l’orizzonte, là dove speravo di dirigermi, là deve esserci la mia casa, là su quella riva deve pur esserci una luce!
Ma nulla – non una luce, non una stella, non la luna tra uno squarcio momentaneo di nubi.
Gesù, se almeno tu fossi qui! Se almeno tu potessi rassicurarmi che la direzione è quella giusta!
Ma nulla – intorno a me solo l’urlo della paura.
Gv 6,16-18 (libera interpretazione)
UNA DECISIONE
SOFFERTA
Dormo e piango per i primi tre giorni.
AL svolge il prezioso servizio di stoppare le telefonate degli amici – ci sono così tante persone che vogliono farmi sentire il loro affetto sincero – ma sto vivendo un momento estremamente privato.
Qui si tratta della mia vita, della mia morte.
Questo è forse il momento più difficile del mio
percorso.
Sono delusa e molto triste. Sono stanca e non ho più
voglia di soffrire. Soffrire, per cosa, poi? Qualche mese, forse un anno, di
tribolazioni.Vorrei solo essere lasciata in pace, non fare più nulla, lasciare che la malattia segua il suo corso.
Spesso con AL piangiamo insieme a lungo … poi subentra
in noi una pace stanca, la gratitudine l’uno per l’altro, la gioia pacata del
nostro amore forte, più forte di questo dolore.
≈
Signore
Concedimi la
serenità di accettare le cose che non posso
cambiareIl coraggio di cambiare le cose che posso
E la saggezza di conoscerne la differenza.
Questa preghiera mi ha guidata quando dovevo decidere
se farmi operare oppure no.
Ora continua a recitarsi nel mio cuore. Mi ricorda che
è mio compito fare tutto quello che posso per cambiare le cose. Mi riporta alla
mia responsabilità: Dio non fa per me ciò che io posso fare per me stessa.Se la medicina mi offre la possibilità di una ulteriore cura, credo che Dio voglia questo da me.
≈
Mio marito e mio figlio, come vivrebbero la mia scelta
di non provarci neanche?
Credo che sia mio diritto decidere per me stessa – ma
è altrettanto importante, per me, riflettere sulle conseguenze che le mie
scelte hanno sui miei familiari e sulle persone che mi vogliono bene.
Prendo anche in considerazione l’ipotesi inversa. Se
mio marito o mio figlio si trovassero di fronte alla stessa scelta, cosa desidererei
– io – che loro facessero?
Pur rispettando la loro libertà di scelta, io li
vorrei accanto a me il più a lungo possibile, li vorrei accudire con tutto
l’amore che posso, li vorrei circondare di amore fino all’ultimo soffio di vita
loro concesso!
All’inizio della chemio avevo scritto:
Ho il
diritto-dovere
Di sperare ed
agireEd anche quando vorrò solo mollare
Anche allora
Dovrò sperare ed agire
Per amore solo per amore
≈
In questi nove mesi di malattia, ho sperimentato
dolore fisico ed emotivo e spirituale ma anche tanta grazia e tanti doni
inaspettati. C’è stato così tanto amore!
Certo, la mia vita è stata privata di componenti importanti ma ho recuperato e riscoperto altri aspetti che mi stanno appagando e dando gioia.
Chissà, forse c’è ancora qualcosa di bello che deve accadermi!
È vero, non mi viene promessa la guarigione – mi viene però data la possibilità di spostare un po’ in avanti “la data di scadenza”.
E la vita è sempre sacra
E va onorata fino all’ultimo.
≈
Decido di provare. Si parte. Sono serena.
SECONDA
CHEMIOTERAPIA
Da un po’ di tempo, con la psiconcologa, sto
affrontando l’argomento del dolore, delle cure palliative, degli hospice. Questo
tema mi appassiona e trovo ottimi libri per
approfondirne gli aspetti (ne parlerò in una sezione a parte "Appendice: Hospice e Unità di Cure
Palliative”). Si tratta di un approccio al “fine vita” nuovo per me, mi entusiasmo
ai principi che lo ispirano e lo vorrei applicato su di me. Forse è questo
desiderio che mi spinge a scrivere una sorta di “testamento spirituale” che
consegno ai miei familiari, agli oncologi, al medico curante.
≈
Io sottoscritta, in pieno possesso delle mie facoltà
mentali, consapevole della gravità della mia malattia oncologica, comunico le
mie volontà.
In caso di aggravamento della mia situazione clinica,
desidero che venga rispettato quanto segue.
Premetto di essere una persona credente: ho fede di
essere nelle mani di Dio che, solo, è il padrone della vita.
Razionalmente sono consapevole che la cura
chemioterapica potrebbe spostare in avanti per un certo periodo di tempo – comunque
limitato – la mia sopravvivenza ma non potrà portarmi la guarigione.
La chemioterapia ha effetti collaterali onerosi e la
mia volontà è quella di sospendere tale terapia qualora i danni causati dalla
stessa siano sproporzionati rispetto ai risultati realisticamente attesi.
In sintesi, la mia volontà è quella che venga fatto
tutto il possibile per alleviare i sintomi e se possibile eliminare il dolore.
Autorizzo pertanto i miei familiari e tutti i medici
curanti ad usare qualsiasi tipo di farmaco (o di procedura medica) che possa
dimostrarsi utile al fine di eliminare o perlomeno alleviare il dolore – anche
se tali farmaci avessero come possibile conseguenza l’obnubilamento della mia
coscienza. Nell’eventualità che l’evoluzione della malattia mi porti ad essere seguita a domicilio oppure in strutture di ricovero, chiedo ai curanti del caso, di contattare la dottoressa presso il Reparto Oncologico dell’Ospedale che mi ha seguita finora.
Io penso che, quando le cure falliscono, si può e si
deve ancora vivere di speranza – una speranza diversa – non quella di guarire o
di vivere indefinitamente, bensì la speranza di riuscire a convivere con la
malattia senza dolore e morire nel pieno rispetto della propria dignità di
persone.
Ritengo utile in
questo contesto riportare l’articolo
2278 del Catechismo della Chiesa Cattolica:
“L’interruzione di procedure mediche onerose,
pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi, può essere
legittima. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla
impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente se ne ha la competenza
e la capacità, o altrimenti da coloro che ne hanno legalmente il diritto,
rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.”
01.10.2010
In fede
firmato
≈
La terapia procede, reggo e tiro avanti quasi senza
interruzioni.
≈
Durante l’infusione, il medicinale mi procura
allergia: una sensazione di aghi ghiacciati nel braccio, sempre più dolorosa,
poi il braccio gonfia, mi devono togliere l’ago e riposizionarlo in un’altra
vena. Settimana dopo settimana, l’accumulo di medicinale fa peggiorare
l’allergia e mi viene la flebite in entrambe le braccia.
La sensazione di aghi ghiacciati mi tormenta anche
alle dita delle mani e alle piante dei piedi. Per il resto, gli effetti sul mio
fisico sono gli stessi del medicinale precedente.
≈
Mi sento stanca e debole, sto sempre peggio, quando
scendo dal letto al mattino già sono senza forze e trascorro le giornate
sdraiata sul divano.
Cerco di mantenermi serena sfogliando riviste di fiori
e di paesaggi ed ascoltando sul lettore mp3 le mie registrazioni spirituali. Ma
a volte la spossatezza fisica influisce anche sul morale.
Un mattino entro in cucina mentre AL sta preparando
colazione.“Non ne vengo fuori”.
È la terza volta che gli dico questa frase e poi, con i lacrimoni:
“Non arrivo a Natale”.
≈
Una notte, forse verso l’alba, dico a AL che ho paura.
Sono in quello stato, sospeso tra sonno e risveglio,
in cui si è veri, non ancora sotto controllo: “Ho paura di quello che succederà alla fine. Ho paura di quello che succederà al mio corpo.”
Anche lui si sta svegliando e mi sussurra:
“Non possiamo farci niente. È così che succede. Tutti si muore.”
Rassicurata? Calmata? Non lo so. Di certo mi sento capita. E mi riaddormento.
≈
Una sera viene PL e si ferma a cena.
Io non sto bene, sono a letto, ma gli chiedo di
lasciare la porta aperta per sentire le loro voci dalla cucina e tengo l’abatjour
accesa in modo che PL venga a salutarmi prima di andare via.Infatti viene, mi sfiora la testa, io gli chiedo “ancora ancora” con la vocina di un cartoon televisivo, lui sorride e mi accarezza i capelli, allora lo attiro a me e lo abbraccio e lo bacio.
Sono felice.
Il giorno dopo AL mi descrive come mi hanno vista loro due:
“Tu non stavi bene ma con noi hai fatto un bel sorriso. Noi non abbiamo visto il tuo malessere. Ed eri bellissima!”
≈
Con AL riusciamo persino a ridere del dolore.
Un giorno, osservandolo lì seduto accanto a me, mi
prende l’angoscia pensando a quando resterà solo. Lui intuisce e piange con me.
Ma si riprende presto:
“Cara mogliettina, non ti preoccupare, ci penserò io, questo non è un problema tuo”.
E la risata liberatoria è un balsamo sui nostri cuori.
Signore,
grazie
Per l’amore
che mi circondaGrazie per questo figlio che ci hai donato
Grazie per il compagno che mi hai messo a fianco
Con lui posso piangere e posso ridere
Anche della morte
Il nostro amore è più forte
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