domenica 27 ottobre 2013

PRIMA E SECONDA CHEMIO


 
PRIMA E SECONDA CHEMIOTERAPIA

 

PRIMA CHEMIOTERAPIA
 
Due mesi dopo le dimissioni dall’ospedale, riesco finalmente ad  iniziare la chemioterapia.
 

Uno specialista parla del mio male come di “una brutta bestia”, un altro mi sprona a “tener duro ché magari intanto la ricerca scopre qualcosa”.
Leggo, per caso, alcuni articoli sul cancro pancreatico che riportano impietose percentuali di mortalità.
L’Inps mi riconosce l’invalidità civile al 100% e l’indennità di accompagnamento.
Sono tutti eventi che nulla aggiungono a ciò che già so – semplicemente me lo ricordano, me lo riconfermano – eppure sono delle botte emotive a cui soccombo cadendo nello sconforto.
Ho la sensazione che l’oncologo non creda nell’efficacia della cura chemioterapica che mi ha peraltro lui stesso prescritto come adatta al mio caso: non so il motivo di questa sensazione che non ha riscontri – si tratta soltanto di una mia impressione come se captassi qualcosa nel suo volto e nel suo atteggiamento, qualcosa che non mi trasmette fiducia – Ed io ho così tanto bisogno di fiducia intorno a me!

Ho bisogno di credere in ciò che sto facendo perché fisicamente è molto duro da sopportare: febbre, dolori lancinanti alle ossa, male in bocca, sanguinamenti, nausea e vomito, disturbi intestinali, svenimenti, stanchezza invalidante, disturbi alla vista, valori sfasati degli esami che mi costringono a dilazionare le infusioni.

 

 SOLO TU, SIGNORE MIO DIO, SEI IL PADRONE DELLA VITA

Non sono i medici e le percentuali e le statistiche
Che decidono della mia sorte

Solo tu, Signore mio Dio, sei il padrone della vita
Ed io devo fidarmi di te

Anche se la percentuale di sopravvivenza è minima
Io ho il diritto-dovere
Di sperare ed agire
Per entrare in quella percentuale

Ed anche se succederà che voglio solo mollare
Anche allora dovrò continuare a sperare ed agire

Per amore solo per amore 
 


TROVARE AIUTO

Emotivamente mi sto appoggiando troppo su AL. Non va bene. A volte sono colpita dal suo sguardo impotente, dal suo volto sconsolato, dal suo sforzo per trovare ancora parole di fiducia.
Chiedo di usufruire della consulenza di psiconcologia messa a sostegno dei malati dal reparto di oncologia. Sono incontri settimanali, uno spazio accogliente e protetto dove posso dar voce a qualsiasi emozione e sentimento ma con una persona qualificata e non coinvolta emotivamente nel mio caso.
Mi fa bene e anche AL decide di approfittare di un aiuto, simile al mio ma specifico per i familiari.

Trovo un’altra risorsa, questa volta tecnologica.
Tra la musica che abbiamo in casa, scelgo i brani che mi procurano serenità e poi li registro su mp3.
Scopro che questo minuscolo attrezzo collegato agli auricolari mi è molto utile e che posso sfruttarlo anche in un altro modo: mi autoregistro mentre leggo le pagine più importanti dei miei libri, riflessioni che ho scritto io stessa, preghiere, salmi. Così, questo strumento, maneggevole e discreto, diventa un amico prezioso: metto le cuffiette e posso ascoltare preghiere e riflessioni e musiche spirituali. Posso usarlo sempre, quando non sto bene, prima di addormentarmi, se ho male agli occhi, nei lunghi tempi di attesa per esami o visite, nelle giornate di day hospital per la chemioterapia.
Per oggi, questo è il mio modo di pregare. E la preghiera mi regala raccoglimento e pacificazione, consolazione e conforto, anche sollievo nella percezione delle sensazioni dolorose.

Ho così tanto amore intorno a me! Così tanti motivi di gratitudine!
Rivedo il sacerdote che mi è amico da lunghi anni ed è un’esperienza di profondo affetto ed intensa condivisione spirituale.

Qualche volta vado a messa in parrocchia e le persone mi abbracciano, mi incoraggiano, mi raccontano quanto hanno pregato per me.

Con AL il rapporto è ancora migliorato. Non siamo mai stati così tanto tempo insieme, sempre insieme, noi due soli. Stiamo bene – lui dice che non siamo mai stati così bene insieme. Il supporto psiconcologico, avuto separatamente, ci ha in qualche modo uniti ancora di più. AL è più disposto a sentire e vivere le emozioni anche dolorose, è più aperto ad accettare la realtà ed ascoltarmi mentre ne parlo e parlarne lui stesso senza razionalizzare. Ho accanto una persona che mi ama e che sa essere un vero compagno di percorso.

 

DURANTE UNA SEDUTA DI CHEMIOTERAPIA

Signore mio Dio
Oggi il mio corpo è un campo di battaglia
Osservo le fazioni che lottano dentro di me

Appoggio le mani su torace e addome ed entro in contatto col mio corpo: gli organi interni con l’intervento sono stati ripuliti dalla massa cancerogena ma numerose tracce attive del male rimangono  sparse sotto forma di metastasi.
Sto in contatto con il cancro.
Non so da dove venga e non mi sono mai chiesta perché.
Lo sento parte del mio corpo, presenza nella mia carne.
Non so come sia possibile, ma verso questo “ospite-nemico” non provo rabbia né odio – solo la consapevolezza della sua presenza.

Le gocce del medicinale scendono regolarmente nelle mie vene.
Una ad una entrano nel mio corpo ed iniziano il loro combattimento contro il nemico.
Il medicinale sferra una battaglia estrema contro i brandelli di cancro sparsi per il corpo, tasselli ostinati che hanno come unico scopo quello di sopravvivere e di ricomporre il puzzle maligno.
La chemioterapia combatte una lotta sfrenata dentro le mie viscere.
Sono grata a questo medicinale che considero come un socio o meglio un alleato.
Sí, sono grata al chemioterapico e lo perdono se a volte sbaglia bersaglio e colpisce un organo sano facendomi soffrire … anche tra le truppe migliori purtroppo a volte qualcuno cade per il “fuoco-amico”.

Ma non sono io a combattere.
Io sono in pace, serena, oserei dire felice.

Stamattina, prima di salire al day hospital oncologico, sono passata in cappella per la messa ed ho ricevuto la comunione.

Signore mio Dio
Il mio corpo è il tuo tempio
Tu hai intrecciate le mie cellule
Col tuo materiale divino
Tu sei presente nelle mie viscere
Tu mi hai fatto come un prodigio
Come sta scritto nel salmo 139.

Signore mio Dio
Tu sei il regista di tutta la rappresentazione
E tu sei amore
Tu stai combattendo per me
Io posso stare tranquilla e rilassarmi
“Il Signore combatterà per voi e voi starete tranquilli”.
Come sta scritto in Esodo 14,14

Signore mio Dio
Ti ringrazio di questa pace

Coricata sul lettino della chemioterapia, non ho dolori e provo un tranquillo benessere.
AL mi è vicino teneramente.
Gli auricolari del lettore mp3 mi isolano e la dolcezza del canto gospel mi culla:
“Jesus, remember me when you come into your kingdom”.

 

AL TERMINE DELLA PRIMA FASE DI CHEMIO

Al termine della prima fase di chemio, gli esami evidenziano e confermano numerose metastasi. La situazione è peggiorata.
La terapia, che ho portato a termine sopportando disagi e dolore fisico, non ha dato alcun esito.
Consultiamo oncologi di due diverse strutture: mi propongono di tentare un medicinale, diverso dal precedente, purtroppo più nocivo per quanto riguarda gli effetti collaterali.
Chiedo espressamente:
“Quale può essere la mia aspettativa di vita?”
“È sicura di volerlo veramente sapere?”
“Sì!”
La risposta arriva chiara ed onesta:
“In queste condizioni e senza tentare altre cure, si tratta di qualche mese ma la terapia con il medicinale proposto potrebbe spostare in avanti anche di un anno e mezzo la sopravvivenza.”

È buio, Gesù, e tu non ci sei.
Il mare è agitato e soffia un forte vento.
Non è possibile tornare indietro: la sponda da cui sono partita mettendomi in viaggio non esiste più.
Dove sto andando? E tu, Gesù, dove sei?
Ho perso il controllo della barca e la lanterna si è spenta.
Intorno a me solo tenebre, mare impetuoso e vento di tempesta.
Ho paura. E tu, Gesù, perché non ci sei?
Scruto l’orizzonte, là dove speravo di dirigermi, là deve esserci la mia casa, là su quella riva deve pur esserci una luce!
Ma nulla – non una luce, non una stella, non la luna tra uno squarcio momentaneo di nubi.
Gesù, se almeno tu fossi qui! Se almeno tu potessi rassicurarmi che la direzione è quella giusta!
Ma nulla – intorno a me solo l’urlo della paura.

Gv 6,16-18 (libera interpretazione)

 

UNA DECISIONE SOFFERTA
 
Chiedo ai medici una settimana di tempo per decidere.
Dormo e piango per i primi tre giorni.

AL svolge il prezioso servizio di stoppare le telefonate degli amici – ci sono così tante persone che vogliono farmi sentire il loro affetto sincero – ma sto vivendo un momento estremamente privato.
Qui si tratta della mia vita, della mia morte.

Questo è forse il momento più difficile del mio percorso.
Sono delusa e molto triste. Sono stanca e non ho più voglia di soffrire. Soffrire, per cosa, poi? Qualche mese, forse un anno, di tribolazioni.
Vorrei solo essere lasciata in pace, non fare più nulla, lasciare  che la malattia segua il suo corso.

Spesso con AL piangiamo insieme a lungo … poi subentra in noi una pace stanca, la gratitudine l’uno per l’altro, la gioia pacata del nostro amore forte, più forte di questo dolore.
 

Signore
Concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare
Il coraggio di cambiare le cose che posso
E la saggezza di conoscerne la differenza.

Questa preghiera mi ha guidata quando dovevo decidere se farmi operare oppure no.
Ora continua a recitarsi nel mio cuore. Mi ricorda che è mio compito fare tutto quello che posso per cambiare le cose. Mi riporta alla mia responsabilità: Dio non fa per me ciò che io posso fare per me stessa.
Se la medicina mi offre la possibilità di una ulteriore cura, credo che Dio voglia questo da me.
 

Mio marito e mio figlio, come vivrebbero la mia scelta di non provarci neanche?
Credo che sia mio diritto decidere per me stessa – ma è altrettanto importante, per me, riflettere sulle conseguenze che le mie scelte hanno sui miei familiari e sulle persone che mi vogliono bene.

Prendo anche in considerazione l’ipotesi inversa. Se mio marito o mio figlio si trovassero di fronte alla stessa scelta, cosa desidererei – io – che loro facessero?
Pur rispettando la loro libertà di scelta, io li vorrei accanto a me il più a lungo possibile, li vorrei accudire con tutto l’amore che posso, li vorrei circondare di amore fino all’ultimo soffio di vita loro concesso!

All’inizio della chemio avevo scritto:

Ho il diritto-dovere
Di sperare ed agire
Ed anche quando vorrò solo mollare
Anche allora
Dovrò sperare ed agire
Per amore solo per amore


In questi nove mesi di malattia, ho sperimentato dolore fisico ed emotivo e spirituale ma anche tanta grazia e tanti doni inaspettati. C’è stato così tanto amore!

Certo, la mia vita è stata privata di componenti importanti ma ho recuperato e riscoperto altri aspetti che mi stanno appagando e dando gioia.
Chissà, forse c’è ancora qualcosa di bello che deve accadermi!
È vero, non mi viene promessa la guarigione – mi viene però data la possibilità di spostare un po’ in avanti “la data di scadenza”.

E la vita è sempre sacra

E va onorata fino all’ultimo. 


Decido di provare. Si parte. Sono serena.

 

SECONDA CHEMIOTERAPIA

Da un po’ di tempo, con la psiconcologa, sto affrontando l’argomento del dolore, delle cure palliative, degli hospice. Questo tema mi appassiona e trovo ottimi libri per  approfondirne gli aspetti (ne parlerò in una sezione a parte "Appendice: Hospice e Unità di Cure Palliative”). Si tratta di un approccio al “fine vita” nuovo per me, mi entusiasmo ai principi che lo ispirano e lo vorrei applicato su di me. Forse è questo desiderio che mi spinge a scrivere una sorta di “testamento spirituale” che consegno ai miei familiari, agli oncologi, al medico curante.


Io sottoscritta, in pieno possesso delle mie facoltà mentali, consapevole della gravità della mia malattia oncologica, comunico le mie volontà.
In caso di aggravamento della mia situazione clinica, desidero che venga rispettato quanto segue.

Premetto di essere una persona credente: ho fede di essere nelle mani di Dio che, solo, è il padrone della vita.

Razionalmente sono consapevole che la cura chemioterapica potrebbe spostare in avanti per un certo periodo di tempo – comunque limitato – la mia sopravvivenza ma non potrà portarmi la guarigione.
La chemioterapia ha effetti collaterali onerosi e la mia volontà è quella di sospendere tale terapia qualora i danni causati dalla stessa siano sproporzionati rispetto ai risultati realisticamente attesi.

In sintesi, la mia volontà è quella che venga fatto tutto il possibile per alleviare i sintomi e se possibile eliminare il dolore.
Autorizzo pertanto i miei familiari e tutti i medici curanti ad usare qualsiasi tipo di farmaco (o di procedura medica) che possa dimostrarsi utile al fine di eliminare o perlomeno alleviare il dolore – anche se tali farmaci avessero come possibile conseguenza l’obnubilamento della mia coscienza.
Nell’eventualità che l’evoluzione della malattia mi porti ad essere seguita a domicilio oppure in strutture di ricovero, chiedo ai curanti del caso, di contattare la dottoressa presso il Reparto Oncologico dell’Ospedale che mi ha seguita finora.

Io penso che, quando le cure falliscono, si può e si deve ancora vivere di speranza – una speranza diversa – non quella di guarire o di vivere indefinitamente, bensì la speranza di riuscire a convivere con la malattia senza dolore e morire nel pieno rispetto della propria dignità di persone.

Ritengo utile in questo contesto riportare l’articolo 2278 del Catechismo della Chiesa Cattolica:
“L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi, può essere legittima. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente se ne ha la competenza e la capacità, o altrimenti da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.”

01.10.2010

In fede

firmato
 


La terapia procede, reggo e tiro avanti quasi senza interruzioni.


Durante l’infusione, il medicinale mi procura allergia: una sensazione di aghi ghiacciati nel braccio, sempre più dolorosa, poi il braccio gonfia, mi devono togliere l’ago e riposizionarlo in un’altra vena. Settimana dopo settimana, l’accumulo di medicinale fa peggiorare l’allergia e mi viene la flebite in entrambe le braccia.
La sensazione di aghi ghiacciati mi tormenta anche alle dita delle mani e alle piante dei piedi. Per il resto, gli effetti sul mio fisico sono gli stessi del medicinale precedente.


Mi sento stanca e debole, sto sempre peggio, quando scendo dal letto al mattino già sono senza forze e trascorro le giornate sdraiata sul divano.
Cerco di mantenermi serena sfogliando riviste di fiori e di paesaggi ed ascoltando sul lettore mp3 le mie registrazioni spirituali. Ma a volte la spossatezza fisica influisce anche sul morale.
Un mattino entro in cucina mentre AL sta preparando colazione.
“Non ne vengo fuori”.
È la terza volta che gli dico questa frase e poi, con i lacrimoni:
“Non arrivo a Natale”. 


Una notte, forse verso l’alba, dico a AL che ho paura.
Sono in quello stato, sospeso tra sonno e risveglio, in cui si è veri, non ancora sotto controllo:
“Ho paura di quello che succederà alla fine. Ho paura di quello che succederà al mio corpo.”
Anche lui si sta svegliando e mi sussurra:
“Non possiamo farci niente. È così che succede. Tutti si muore.”
Rassicurata? Calmata? Non lo so. Di certo mi sento capita. E mi riaddormento.


Una sera viene PL e si ferma a cena.
Io non sto bene, sono a letto, ma gli chiedo di lasciare la porta aperta per sentire le loro voci dalla cucina e tengo l’abatjour accesa in modo che PL venga a salutarmi prima di andare via.
Infatti viene, mi sfiora la testa, io gli chiedo “ancora ancora” con la vocina di un cartoon televisivo, lui sorride e mi accarezza i capelli, allora lo attiro a me e lo abbraccio e lo bacio.
Sono felice.
Il giorno dopo AL mi descrive come mi hanno vista loro due:
“Tu non stavi bene ma con noi hai fatto un bel sorriso. Noi non abbiamo visto il tuo malessere. Ed eri bellissima!”


Con AL riusciamo persino a ridere del dolore.
Un giorno, osservandolo lì seduto accanto a me, mi prende l’angoscia pensando a quando resterà solo.
Lui intuisce e piange con me.
Ma si riprende presto:
“Cara mogliettina, non ti preoccupare, ci penserò io, questo non è un problema tuo”.
E la risata liberatoria è un balsamo sui nostri cuori.

Signore, grazie
Per l’amore che mi circonda
Grazie per questo figlio che ci hai donato
Grazie per il compagno che mi hai messo a fianco
Con lui posso piangere e posso ridere
Anche della morte
Il nostro amore è più forte



 

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